Odg per la seduta n. 232 della commissione Igiene e Sanita'
SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVIII LEGISLATURA --------------------


12a Commissione permanente
(IGIENE E SANITA')


*232ª seduta: giovedì 27 maggio 2021, ore 13


ORDINE DEL GIORNO

IN SEDE DELIBERANTE

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge:
1. Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Gallinella e Chiara Gagnarli; Minardo; Mulè ed altri; Rizzetto ed altri; Misiti ed altri; Paola Frassinetti ed altri; Leda Volpi ed altri; Rizzo Nervo ed altri)
(Pareri della 1ª, della 2ª, della 5ª, della 7ª, della 8ª, della 14ª Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali)
(1441)
2. MARSILIO. - Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero
(Pareri della 1ª, della 5ª, della 7ª, della 8ª, della 10ª Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali)
(320)
3. Cinzia LEONE ed altri. - Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni sul territorio nazionale
(Pareri della 1ª, della 4ª, della 5ª, della 6ª Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali)
(947)
4. Paola BOLDRINI ed altri. - Disposizioni in materia di diffusione dei defibrillatori semiautomatici o automatici esterni
(Pareri della 1ª, della 5ª, della 6ª, della 8ª Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali)
(1410)
5. Sonia FREGOLENT ed altri. - Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 120, in materia di utilizzazione dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedalieri
(Pareri della 1ª e della 2ª Commissione)
(1501)
- e delle petizioni nn. 97, 98 e 355 ad essi attinenti
- Relatrice alla Commissione BOLDRINI
Seguito discussione congiunta e approvazione con modificazioni

SINDACATO ISPETTIVO
Interrogazioni
Svolte

INTERROGAZIONI ALL'ORDINE DEL GIORNO

RAUTIZAFFINI - Al Ministro della salute

Premesso che:

l'accordo del 16 dicembre 2010 adottato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (in sede di Conferenza Stato-Regioni), ha determinato l'approvazione delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo;

si tratta di 10 linee guida complementari e sinergiche che, nella logica del documento, avrebbero dovuto essere implementate congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale, volte ad una serie di target specifici: misure quali l'analisi del contesto assistenziale a livello regionale e locale, l'elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita, le procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, la formazione degli operatori, il monitoraggio e verifica delle attività e l'istituzione di un comitato interistituzionale per il percorso nascita (CPN), con la funzione di coordinamento permanente;

in particolare, la prima di tali linee guida, recante misure di politica sanitaria e di accreditamento, ha previsto la razionalizzazione e riduzione progressiva dei punti nascita, arrivando alla determinazione dello standard di 500 parti annui, identificato come volume minimo di parti idoneo a giustificare il mantenimento in attività dei punti nascita;

la determinazione di questo standard ha inevitabilmente comportato una significativa contrazione, dal 2010 ad oggi, della fruibilità dei servizi di assistenza in questa delicata fase e per questa tipologia di intervento sanitario, quella, appunto, del parto, specie nelle aree più periferiche e nei centri minori, con l'emersione di gravi disagi e frequenti situazioni di rischio e persino pericolo sia per le partorienti che per i nascituri;

casi raccontati spesso dalla stampa, sia locale che nazionale, e registrati in diverse regioni italiane (come Marche, Lombardia, Basilicata ed Emilia-Romagna), con la configurazione di una rete di offerta dei punti nascita notevolmente diversificata sul territorio nazionale. Una serie di disagi reiterati e di carenze strutturali che hanno, evidentemente, determinato la necessità di apportare alcuni correttivi a questa previsione;

al riguardo, il decreto ministeriale 11 novembre 2015 (che integra i compiti del Comitato percorso nascita nazionale) ha introdotto infatti la possibilità di derogare a questo standard: secondo quanto previsto dall'articolo 1, commi 1, 2, e 3, le Regioni o Province autonome possono portare al tavolo di monitoraggio di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2015 "eventuali richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui e in condizioni orograficamente difficili, in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010";

gli interroganti rilevano prioritariamente come la procedura per la richiesta e concessione della deroga risulti estremamente macchinosa, richiedendo l'attivazione ed il dispiegamento di un iter burocratico complesso e articolato, "scaricando" sull'ente territoriale richiedente tutta una serie di onerosi adempimenti;

in particolare, la richiesta di deroga (che deve essere formalizzata dall'Assessorato per la salute, della Regione o Provincia autonoma o pubblica amministrazione territoriale competente), sentito il parere del Comitato percorso nascita regionale, deve contenere tutta una serie di elementi, necessari per la valutazione della stessa richiesta, tra i quali: a) un'autovalutazione rispetto alla presenza degli standard operativi, tecnologici e di sicurezza dei punti nascita; b) la descrizione della "rete dei punti nascita", dimostrando che quello in deroga si inserisce in modo organico nella rete di offerta dei punti nascita di primo e secondo livello (hub e spoke), con particolare attenzione alla modalità di attuazione del sistema di trasporto in emergenza della madre e del neonato nell'ambito dell'area interessata; c) l'analisi dei flussi di mobilità attiva e passiva delle partorienti rispetto ai punti nascita di cui si chiede la deroga, compresa la georeferenziazione, che evidenzi che l'attuale bacino di utenza dei singoli punti nascita e il potenziale numero di parti dell'area interessata; d) la formalizzazione della responsabilità professionale del punto nascita in deroga, l'analisi dei costi;

si tratta, dunque, di una procedura macchinosa e lenta, considerata oggettivamente inidonea a garantire la capacità istituzionale di rispondere alla richiesta di un servizio sanitario essenziale, come l'assistenza nella delicatissima fase del parto, con conseguenti gravi e reiterati disagi che si registrano su tutto il territorio nazionale e che incidono, tra l'altro, sul principio di eguaglianza e sulla parità di trattamento dei cittadini nell'erogazione dei servizi: disagi che, nonostante la previsione del meccanismo della deroga, insistono e persistono, continuando a configurare gravi disservizi e l'emersione di rischi concreti per la salute delle donne e dei nascituri;

sono del resto diversi e distribuiti variamente sull'intero territorio nazionale da Nord a Sud i territori che, a vario titolo, hanno sollecitato il Governo a che fosse avviata una riflessione in ordine all'opportunità di rimodulare la rete dei punti nascita, superando o comunque rivedendo il criterio dei 500 parti annui come soglia minima per mantenere in attività un punto nascita;

si cita ad esempio il caso dell'ospedale "Oglio Po" di Casalmaggiore (Cremona), che attualmente è interessato da procedimento giurisdizionale amministrativo per il ricorso promosso da 21 Comuni a cavallo tra le province di Mantova e Cremona avverso la decisione della Regione Lombardia, che, a fronte del diniego ministeriale della richiesta di deroga al criterio dei 500 parti nascita annui, non ha potuto che disporre la chiusura dei punti nascita con volumi di parti inferiore a tale soglia. Nella fattispecie, il TAR ha recentemente rigettato il ricorso dei sindaci, che attualmente valutano di impugnare la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato;

ebbene, una lunga trafila, burocratica prima e giurisdizionale poi, che ha investito una pluralità di enti territoriali e resasi necessaria esclusivamente per portare avanti la legittima battaglia dei territori per la garanzia di un presidio assistenziale e ospedaliero essenziale per la natalità e per la salute di donne e bambini. Trafila generata dall'applicazione automatica di un criterio meramente numerico, che necessita evidentemente di un'opportuna e auspicabilmente celere revisione;

gli interroganti rilevano inoltre che in tal senso si registra una presa di posizione ufficiale del Ministro di indirizzo, che nel mese di gennaio 2019 si dichiarava pronta a "lavorare con le Regioni in vista di una rimodulazione dei punti nascita": tale impegno, ad oggi, risulta disatteso in assenza di provvedimenti volti a risolvere più criticità e disagi derivanti dall'applicazione di detto parametro all'organizzazione della rete ospedaliera territoriale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo abbia avviato, come dichiarato in passato, la necessaria riflessione sull'adeguatezza dell'organizzazione della rete ospedaliera e dei punti nascita, con particolare riferimento alla revisione e al superamento standard dei 500 parti annui per il mantenimento in attività, e all'indispensabile ed indifferibile esigenza di garantire la tutela della salute e la salvaguardia della sicurezza delle donne e dei nascituri;

se non ritenga di procedere, in tempi urgenti, alla revisione dell'organizzazione della rete ospedaliera e della distribuzione dei punti nascita, in modo tale da assicurare al contempo l'adeguatezza delle strutture e la garanzia dell'assistenza in modo omogeneo ed efficiente su tutto il territorio nazionale.


(3-00994) 

NATURALEGALLICCHIOTRENTACOSTEVANINFERRARAMAUTONEMARINELLOFEDEMANTOVANIL'ABBATEAGOSTINELLIGAUDIANOAIROLAPIRROVACCARODI GIROLAMOCASTELLONEDONNOPIARULLI - Al Ministro della salute

Premesso che:

la pandemia in corso ha stravolto le vite di tutti gli abitanti del pianeta, causando morte, sofferenze e ingenti perdite economiche per ogni nazione;

l'attenzione degli studiosi di ogni parte del mondo è rivolta a studiare la natura del virus, la cura delle relative patologie, i vaccini per l'immunità; questi impegni sono stati portati avanti con una celerità ed un impiego di risorse umane mai viste prima, poiché le perdite in vite umane, la privazione di alcune libertà, unitamente alla significativa riduzione di gran parte delle attività economiche, hanno determinato l'assoluta priorità di uscita da queste condizioni;

il 31 dicembre 2019 la Cina comunicava un cluster polmoniti atipiche di origine virale, il 10 gennaio 2020 avveniva il deposito della sequenza Sars-Cov-2 nel database delle biobanche;

il 15 dicembre 2020 veniva approvato da parte della Food and Drug Administration statunitense il vaccino "BNT162b2", sviluppato da Pfizer/BioNTech, primo vaccino della storia anti COVID-19;

il 21 dicembre 2020 EMA (European Medicines Agency) approvava il suddetto vaccino Pfizer/BioNTech e, successivamente, i vaccini Moderna (6 gennaio 2021), AstraZeneca (29 gennaio 2021) e Janssen (11 marzo 2021);

considerato che:

in questa fase il nostro Paese è impegnato nelle vaccinazioni, unica maniera per uscire dall'emergenza, consapevole di quanto sia prezioso il liquido vaccinale e della rapidità di diffusione fra le popolazioni;

da fonte EMA si rileva la composizione quantitativa della confezione del vaccino Moderna: flaconcino multidose contenente 10 dosi da 0,5 ml;

gli operatori sanitari addetti alle somministrazioni hanno constatato che il suddetto flaconcino ha un contenuto che può arrivare, se non superare, i 6 ml, ciò significa che è possibile estrarre fino a 11 dosi da 0,5 ml di vaccino, calcolando anche il cosiddetto "volume morto", ossia il liquido rimanente nella siringa, avendo accortezza di utilizzare le siringhe piccole da 1 ml;

tenuto conto che l'Agenzia italiana del farmaco nella sezione web dedicata agli operatori sanitari, ha già riportato il parere del Comitato Tecnico Scientifico sulla possibilità di ricavare eventuali dosi aggiuntive dai flaconcini di vaccini, fatta salva la garanzia di iniettare a ciascun soggetto la dose corretta, senza utilizzare residui da flaconcini diversi;

considerato infine che:

i ritardi nelle forniture dei vaccini e il relativo basso numero di persone vaccinate rispetto ad altri Paesi dell'Unione europea ed extra UE comportano la necessità di accelerare per arrivare quanto prima alle annunciate 500.000 dosi giornaliere per il nostro Paese e conseguire quindi il prima possibile l'immunità di gregge e il ritorno ad una vita normale;

dalla testimonianza di alcuni operatori sanitari addetti alla somministrazione delle dosi vaccinali, sia in provincia di Foggia che da altre parti di Italia, si riferisce del sistematico ricavo di sole 10 dosi, senza prendere in considerazione l'undicesima dose,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto esposto;

se ritenga opportuno allertare tutti i soggetti preposti all'effettivo controllo della corretta somministrazione dei vaccini, affinché da ogni flaconcino si ricavi il numero di dosi più elevato possibile.

(3-02436)